Un sussulto di dignità istituzionale. Forse. Si spera. Lo ha
manifestato ieri il presidente del Senato, Pietro Grasso. L’ex procuratore
nazionale antimafia ha deciso, nonostante il parere contrario del suo Ufficio
di presidenza (10 voti a 8), che il Senato si costituirà parte civile al
processo sulla presunta compravendita di senatori. In questo procedimento
giudiziario, che si svolgerà presso il Tribunale di Napoli, è imputato anche Silvio
Berlusconi. Nel 2006, il Cavaliere avrebbe “comprato” con tre milioni di euro
il senatore Idv Sergio De Gregorio affinché questi passasse al centrodestra,
facendo così mancare numeri a sostegno del Governo Prodi allora in carica.
Secondo i magistrati, questi fatti sarebbero avvenuti all’interno del Senato o,
comunque, sarebbero relativi alla dignità di questa Istituzione. Ecco perché,
secondo Grasso, vi è “un ineludibile obbligo morale” da parte del Senato di
partecipare all’accertamento della verità, in base alle regole processuali e
seguendo il naturale andamento del dibattito. Un dibattito che, va detto ad onor del
vero e per stemperare eccessive aspettative, verosimilmente non arriverà mai al suo pieno compimento: la prescrizione
per Berlusconi scatterà nell’ottobre del 2015. Al di la di questo, bisogna precisare subito che la
decisione di Grasso, a termine di regolamento, è ineccepibile: sentiti i pareri
degli organi competenti, il presidente dell’Assemblea ha facoltà di decidere
autonomamente. E in un Paese normale una decisione del genere non avrebbe
niente di straordinario, se si considera la gravità dei fatti che saranno
oggetto del processo partenopeo. Ma l’Italia non è un Paese normale. E
l’imputato Berlusconi non è un cittadino come gli altri. Mai. Nel corso degli
ultimi 20 anni abbiamo assistito ad una scandalosa escalation di norme ad hoc,
leggi ad personam e ad aziendam, approvate quasi sempre anche con il concorso
di quelle forze politiche (Pd in testa) che avrebbero dovuto opporsi allo
sfascio normativo, istituzionale e morale. E invece lo hanno appoggiato,
traendone a propria volta vantaggi diretti e indiretti. Non è questa la sede
per ripercorrere queste vicende. Ma è indubbio che questi inciuci hanno finito
per diventare una triste abitudine. Un qualcosa di irrinunciabile. Tanto è vero
che, proprio quando il Cavaliere era stato finalmente dichiarato decaduto dalla
carica di Senatore in seguito a condanna definitiva per frode fiscale, ci ha
pensato subito il neo segretario Pd Matteo Renzi a riabilitarlo politicamente.
E a sottoscrivere con lui, al di fuori degli appropriati contesti
istituzionali, un quantomeno inopportuno accordo sulla nuova legge elettorale
da sottoporre poi al Parlamento. Una bozza di legge elettorale calibrata
essenzialmente sulle esigenze di Berlusconi (che recenti sondaggi danno in
forte risalita), e che cambia ben poco rispetto al famigerato Porcellum,
dichiarato finalmente illegittimo dalla Corte Costituzionale dopo “soli” 7
anni. Insomma, tutto questo non fa altro che dimostrare per l’ennesima volta
che, in qualche modo, Berlusconi deve sempre essere il manovratore della vita
politica del Paese: anche quando esce dalla porta, poi deve rientrare perlomeno
dalla finestra. Ovviamente, con la massima legittimazione politica possibile. E
ogni tentativo, ancorché minimo e perfettamente legittimo, di mettere in dubbio
questo stato di cose, solleva immancabilmente un polverone. Ed è ben triste che qualunque dibattito sul merito delle singole
questioni politiche e giudiziarie, venga subito radicalizzato, personalizzato e
svilito dai politicanti di professione, fino a ridurlo unicamente ad un “pro o
contro Silvio”. Infatti, tornando alla decisione di Grasso di costituire il
Senato parte lesa al processo sulla compravendita dei senatori, si è scatenata
subito la reazione scandalizzata dei berluscones. La senatrice forzista Maria
Elisabetta Alberti Casellati chiede senza mezzi termini le dimissioni di
Grasso, reo di aver “stracciato tutte le regole, le norme, la dignità del
Senato” e di aver “dismesso il ruolo istituzionale per assumere un ruolo
politico contra personam”. Come volevasi dimostrare. Ancor più banale Mara
Carfagna (FI), che accusa il presidente del Senato di aver attuato “l’ennesima
forzatura per portare avanti una persecuzione nei confronti Silvio Berlusconi”.
Non poteva esimersi dal commentare anche colui che del Senato è vicepresidente,
ovvero Maurizio Gasparri (FI): “decisione gravissima, vergognosa, lesiva di
regole istituzionali e rapporti politici e personali”, che “non potrà restare
priva di conseguenze”, e sulla quale richiama “l’attenzione del presidente
della Repubblica”. Ci sarebbe piaciuto che Gasparri avesse manifestato lo
stesso sacro sdegno almeno per qualcuna delle numerosissime leggi porcata
approvate negli ultimi 20 anni a favore del suo leader, magari a cominciare da
quella stessa legge Gasparri che avrebbe dovuto riordinare il sistema radio
televisivo. Ma ad attaccare Grasso non sono
soltanto i fedelissimi di Berlusconi. Anzi, su questo tema si ricompattano
nostalgici ex alleati (che presto lo saranno ancora per esigenze elettorali)
come Fabrizio Cicchitto (Ncd): “Grasso? Ho paura che sia uno degli ultimi
regali che una persona assai simpatica come Bersani ci ha fatto...”. “Se ne è fregato dell’Ufficio di presidenza, prendendo
una decisione che arriva in un momento politico delicatissimo e complica
ulteriormente le cose”. E non manca ovviamente il figliol prodigo
Pierferdinando Casini (UDC), tornato proprio in questi giorni all’ovile di
Silvio dopo aver fiutato i venti di poltrona portati alle sue narici dalla
nuova bozza di legge elettorale. Casini usa toni più morbidi, ma precisa che “è
grave spaccare il Senato o l’organo di presidenza su un giudizio di carattere
morale espresso dal Presidente. Spero che oggi in apertura di seduta voglia
dare spiegazioni”. E ancora: “E’ una decisione insindacabile ma non
indiscutibile. Quando si coinvolge il Consiglio di presidenza e si chiede un
parere, “gentlemen’s agreement” vuole che al parere ci si rifaccia. E’ il
parere del Senato”. Esplicitamente contrari alla decisione del presidente del Senato,
pur con sfumature diverse, anche Lega Nord, Scelta Civica, Gal e Per l’Italia.
Massimo sostegno a Grasso, invece, dagli esponenti del Movimento Cinque Stelle:
attraverso il capogruppo Maurizio Santangelo, premettono che “tutto il gruppo è
favorevole” alla decisione di Grasso. E notano che “finalmente l’istituzione
del Senato restituisce dignità ai senatori ed ai cittadini che sono all’esterno.
A difesa di Grasso si levano anche alcune voci dal PD: in una dichiarazione
congiunta, i senatori Valeria Fedeli, Rosa Maria Di Giorgi, Angelica Saggese,
Silvana Amati, Luciano Pizzetti affermano che “la compravendita dei
senatori è un fatto molto grave che ha umiliato il Senato e la nostra
democrazia”, e che “il presidente Grasso ha compiuto un atto dovuto”. Anche il
loro capogruppo Pierluigi Zanda, ritiene che Grasso non abbia fatto altro che
esercitare un “dovere istituzionale regolarmente previsto”. (Fredi Mereu)
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